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Ricerca genetica stoppata dalla Corte di giustizia UE

La mutagenesi anni Cinquanta con radiazioni e reagenti chimici è più sicura di quella di ultima generazione, a livello molecolare. È questa una delle conclusioni che si possono trarre dalla sentenza della Corte di giustizia UE sulle nuove biotecnologie agricole, probabile punto di svolta in una discussione che dura da circa 10 anni a livello UE. 
Secondo la decisione, resa pubblica il 25 luglio, la direttiva europea sugli ogm del 2001 deve essere applicata anche agli organismi ottenuti mediante tecniche che si sono affermate successivamente alla sua adozione, come ad esempio il genome editing, che devono seguire quindi la procedura di autorizzazione e essere soggette ai controlli e alle norme di etichettatura prescritte dalla direttiva ogm.
Secondo la Corte solo le varietà ottenute per mezzo di tecniche utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni «con una lunga tradizione di sicurezza», come la mutagenesi «tradizionale», sono esentate dagli obblighi della direttiva sugli ogm.
Senza entrare nel merito strettamente giuridico della sentenza, è evidente che se essa troverà completa applicazione l’Europa perderà un altro «treno» fondamentale, a tutto vantaggio di chi all’estero proseguirà su questa strada. 
Una delle cose più desolanti, nelle reazioni di giubilo delle organizzazioni «antitutto» è che si parla di lotta al potere delle multinazionali; evidentemente non sanno che proprio la ricerca pubblica, a cominciare da quella italiana che ha già ottenuto brillanti risultati, sarebbe la prima beneficiaria di un via libera a queste tecnologie.


Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 29/2018 a pag. 6
La Corte di giustizia UE boccia le nuove tecniche di miglioramento genetico
di A. Di Mambro
L’articolo completo è disponibile anche sulla Rivista Digitale
 












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