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DOP e IGP, le spine dell’accordo UE-Giappone
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Sale la tensione sui prodotti a indicazione geografica (dop e igp) nei trattati commerciali siglati dall'Ue. La pubblicazione, il 18 gennaio, della lista definitiva delle denominazioni che saranno riconosciute in Giappone ha scatenato polemiche in Italia sui 10 formaggi dop nazionali per cui l'accordo prevede tutela.
L'accordo con il Giappone (Epa) segna una doppia discontinuità rispetto al Ceta, il trattato con il Canada che sulle indicazioni geografiche è stato fino a oggi una specie di modello, replicato con altri Paesi. L'Epa segna un passo in avanti quando applica il principio della eliminazione graduale delle denominazioni preesistenti. Vale a dire che un prodotto preesistente alla denominazione protetta deve cambiare o uscire dal mercato entro 5 o 7 anni dall'entrata in vigore del trattato. Nel Ceta vige invece il «grandfathering», cioè il prodotto preesistente resta sul mercato, anche se deve eliminare dalla confezione ogni evocazione di origine fuorviante (tipo bandiere italiane).
Il trattato Ue-Giappone segna però un precedente rischioso sul tema del «nome composto» e su altre eccezioni, concesse nel rush finale del negoziato.
Premesso che con questo tipo di accordi si adottano regole a tutela dei prodotti a indicazione geografica dove prima c'era il far west, l'Epa prevede la protezione di Grana Padano e Pecorino Romano, ma non delle denominazioni grana, padano, pecorino, romano usate individualmente.
Sui prodotti lattiero-caseari, l'accordo Ue-Giappone prevede comunque l'azzeramento in 15 anni dei dazi dei formaggi a pasta dura (Parmigiano, Grana, Gouda, Cheddar) che oggi pagano il 29,8%. Per i formaggi a pasta molle (come Mozzarella, Feta, Camembert), dovrebbe esserci l'apertura di un contingente a dazio zero di 20.000 tonnellate all'entrata in vigore del trattato, quantitativo che crescerà fino a 31.000 tonnellate in 15 anni.
Cadono parzialmente le barriere anche per latte in polvere, burro e siero di latte.
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