L’attesa di una annata vinicola molto scarsa, con un
calo della produzione di oltre il 20% in Italia, dove si supereranno di poco i
40 milioni di ettolitri, e nel resto d’Europa dove la diminuzione è stimata mediamente del 15%, per una produzione di poco superiore a
140 milioni di ettolitri contro i 165 del 2016, nel mese di settembre, cioè nel pieno della vendemmia, ha mandato in fibrillazione il mercato all’ingrosso alla produzione. In realtà, poche sono state le transazioni effettuate, la maggior parte delle quali nell’ambito della produzione, mentre l’industria, mediamente approvvigionata di prodotto vecchio, è stata poco presente sul mercato.
I prezzi che più si sono rivalutati sono stati quelli dei
vini bianchi e rossi senza denominazione, cioè quelli con le quotazioni più basse. Da aprile-maggio a settembre le quotazioni di questi vini generici sono passate da valori medi attorno a 3-3,5 euro/ettogrado a 6-6,5 euro/ettogrado, quindi con aumenti nell’ordine dell’80-100%.
A metà ottobre la situazione di mercato non è chiara: la grande distribuzione, nazionale e internazionale, non è certo disposta ad accettare gli aumenti che si stanno proponendo e ci sarà quindi una prova di forza - e di nervi - tra produttori, imbottigliatori e retailer che non si risolverà tanto facilmente e con un risultato che a oggi non è per nulla scontato.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2017 a pag. 23
Mercato del vino in forte tensione
di G. Lechthaler